L’Italia vuole chiudere l’accordo sul gas con la Libia

Internazionale28 gennaio 23 alle 12:26Autore del libro: Remi Cook

Il primo ministro italiano Giorgia Meloni concluderà oggi a Tripoli un accordo sul gas che aumenterà l’approvvigionamento energetico in Europa. Nonostante l’incertezza e le turbolenze politiche nel Paese nordafricano. Reuters scrive.

Il primo ministro italiano Giorgia Meloni concluderà oggi a Tripoli un accordo sul gas che aumenterà l'approvvigionamento energetico in Europa.  Nonostante l'incertezza e le turbolenze politiche nel Paese nordafricano.  Reuters scrive.
Il primo ministro italiano Giorgia Meloni concluderà oggi a Tripoli un accordo sul gas che aumenterà l’approvvigionamento energetico in Europa. Nonostante l’incertezza e le turbolenze politiche nel Paese nordafricano. Reuters scrive. (ANP/AFP)

Meloni incontra il Presidente del Consiglio Presidenziale Mohamed Al-Menfi e il Primo Ministro Abdulhamid Al-Thibeiba e altri. Sul tavolo c’è un accordo sul gas da circa 8 miliardi di dollari per la produzione di 850 piedi cubi di gas al giorno, che viene estratto nel Mar Mediterraneo. Lo si evince dalle dichiarazioni di Farhad Bengdara, direttore della National Oil Corporation in Libia.

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Tuttavia, il parlamento libico e le principali fazioni armate si rifiutano di riconoscere la legittimità del governo di Dbeibah, facendo temere un nuovo conflitto dopo due anni di pacifica pace.

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Data la guerra in corso in Ucraina, i paesi europei sono sempre più alla ricerca di opportunità per sostituire il gas russo proveniente dal Nord Africa e altrove con altre forme di energia.

L’Italia è già all’avanguardia nella ricerca delle fonti energetiche africane, per finire con l’Algeria. Ciò ha portato a una partnership strategica in cui l’Italia investe nella società energetica statale algerina Sonatrac per aumentare la produzione, che è di nuovo in calo da anni.

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Qualsiasi accordo firmato oggi potrebbe ancora essere minato dal conflitto civile in Libia, che ha diviso il Paese tra fazioni armate che cercano di prendere il controllo del governo, nessuna delle quali si riconosce reciprocamente la legittimità politica.

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