direzione: Francesca Archibugi | Scenario: Francesca Archibugi, Laura Paolucci e Francesco Piccolo | eiaculare: Pierfrancesco Favino (Marco Carrera), Nanni Moretti (Daniele Caradori), Kasia Smutniak (Marina Molitor), Berenice Beato (Luisa Lattis), Laura Morante (Letizia Carrera), e altri | tempo di gioco: 126 minuti | anno: 2022
Devi stare molto attento con la cronologia di film, serie e libri. Nessuno è molto soddisfatto dell’approccio banale, in cui gli eventi si susseguono ordinatamente uno dopo l’altro. Spesso è lo stile narrativo più efficace perché consente di seguire facilmente lo sviluppo del personaggio. Se vuoi cambiare l’ora, devi stare attento.
Nella drammaturgia italiana El Colibrì Scritto da Francesca Archibugi, tratto dal libro di Sandro Veronesi, il desiderio di raccontare tutto nel giusto ordine sembra così controintuitivo che diventa un obiettivo di per sé farlo diversamente. La confusione è totale quando sullo schermo vengono visualizzate le prime scene. Non c’è tempo per abituarsi ai personaggi, alle loro relazioni e alle loro circostanze.
Ci viene presentato il personaggio centrale Marco Carrera, che vediamo in diverse fasi della sua vita, ma quasi sempre interpretato da Pierfrancesco Favino. Dobbiamo distinguere la cronologia dalle sue tempie grigie e infine dai capelli bianchi. Ruota attorno alla questione di come sarebbe stata la vita se fossero state fatte scelte diverse o se il destino fosse stato determinato diversamente. Una domanda fondamentale che preoccupa molte persone.
Marco è sopravvissuto a un incidente aereo e ha contattato un’assistente di volo che aveva vissuto la stessa cosa e ha contattato i media. Alla fine Marco sposò questa Marina, ma fin dall’infanzia l’uomo mantenne uno stretto rapporto con la sua vicina francese Louisa. Con il passare degli anni Marco e Luisa restano in stretto contatto. Questa sembra essere l’unica costante nelle loro vite turbolente, ma non sembra mai diventare emotiva.
Poiché la trama è così vaga, Archibugi non può fare appello a questo sentimento. È difficile entrare nella storia. Il puzzle di dove dovremmo collocare le esperienze e i sentimenti di Marco da qualche parte nella linea temporale pone enormi esigenze alla mente. Di conseguenza, non c’è quasi spazio per sperimentare qualcosa a livello emotivo. Uno scrittore può esprimere i suoi sentimenti e spiegarli in un libro, ma un film ha il limite che è difficile rappresentarli.
Nei panni della coscienza morale viene introdotto uno psichiatra, interpretato dal veterano Nanni Moretti, che appare costantemente nella vita di Marco. Oltre al desiderio, alla depressione e a ciò che potrebbe accadere, la domanda centrale è cosa devi fare per rimanere fedele a te stesso e come superare gli ostacoli e le emozioni. Seguendo Marco dagli anni ’70, si ottiene un ritratto epico della sua vita, ma non ha molto impatto, e tanto meno colpisce come una bomba.
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