Jasmine si è riunita con suo marito in Italia; Ha un futuro

Horscombe gridò forte L’Afghanistan dovrebbe aiutare i rifugiati nella regione e così ha fatto l’Europa. Per lo più, come al solito, mi sono ricordato del periodo in cui stavo in un campo profughi in Libano. Come Alessandro da Torino, i siriani hanno vissuto lì per molti anni e ha iniziato a fare volontariato dopo gli studi. Vedendo che la sua presenza faceva la differenza, decise di restare lì.

Ha detto a nome di Operazione Colomba, l’obiettivo dell’Operazione Pigeon: perché la mia vita dovrebbe essere più preziosa di quella degli altri? Con l’aiuto di volontari alternativi, organizza cure mediche, cerca di liberare i prigionieri, denuncia torture, organizza corsi di formazione e chiede chi sarà il primo a qualificarsi per il corridoio umanitario in Italia. Diverse volte è stato in grado di impedire ai bulldozer di demolire il campo.

Quasi un milione e mezzo di rifugiati siriani vivono in Libano con una popolazione di quattro milioni di libanesi. Attraversando infiniti accampamenti nella Valle della Becca, sono arrivato a un piccolo accampamento di tende autocostruite. La prima sera sono stato preso da una grande cerchia di tre giovani italiani dell’Operazione Columba dove vivevo e due famiglie Sunny di Aleppo.

Mi hanno chiesto se potevo stare in quella piccola tenda

Ci siamo seduti per terra intorno al cibo profumato, tra i vestiti colorati. Zigzagando sotto le bombe hanno raggiunto questo luogo, dove il marito della figlia Jasmine ha perso l’avambraccio. I bambini stavano cadendo a terra quando è arrivato l’elicottero.

Ci furono risate in quella strana caffettiera italiana e discorsi seri su Maria che veneravano, dopo di che il vecchio disse: “Siamo tutti figli dello stesso Dio”.

Hanno chiesto se potevano stare con loro invece di stare da soli in quella piccola tenda. Quando la coppia ei figli se ne andarono e furono messi i cuscini, le donne si tolsero i veli e gettarono i capelli lucidi. Ci hanno fatto le trecce l’uno con l’altro e persino con me.

Eravamo in otto. Quando ero tra Fatima e Jasmine mi hanno chiesto se potevo vedere le foto della mia famiglia. Era completamente buio tranne che per lo schermo del mio telefono, che si è spento. Volevano imparare l’inglese e mi hanno insegnato l’arabo. Laila ha detto, Buona notte. C’era un senso di sicurezza nello stare insieme. Videro crollare i muri e crollare tutto intorno. In lontananza si sente solo il debole fruscio di un ventaglio ea volte l’abbaiare di un cane. A cinque chilometri di distanza c’era la loro terra in rovina.

Recentemente ho invitato Jasmine a riunirsi con suo marito in Italia grazie a una passeggiata umanitaria. Ha risposto fluentemente in italiano. Yusuf ha una nuova mano e cuce le sue maschere.

“Quando vieni a stare?” Lei chiese.

Hanno un futuro e milioni di altri rifugiati stanno trascorrendo del tempo nella regione.

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